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Blog a cura di Mimmo Fuggetti

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giovedì 15 novembre 2012

REALITY

Di Matteo Garrone
Con Aniello Arena, Claudia Gerini, Arturo Gambardella, Nunzia Sciano, Ciro Petrone, Loredana Simioli.
Italia 2012 - 01 Distribution - Durata 110 minuti.

Durante tutto l'arco della storia del cinema, in tanti si sono cimentati nell'esperimento di trattare "il cinema attraverso il cinema". A questo proposito risulta interessante l'opera ultima di Matteo Garrone: Reality è un film che parla di cinema, ma soprattutto Reality è cinema. L'ibridazione tra finzione e realtà viene manifestata in maniera impeccabile, servendosi di storie di ordinaria quotidianità, mescolate alla finzione quasi fiabesca come quella dell'inizio del film. 
Luciano, un pescivendolo padre di famiglia, rimane intrappolato dalla troppa televisione (sindrome da Grande Fratello), cosi tanto da non riuscire più a distinguere il vero dal falso. L'ossessione di quegli occhi puntati addosso lo manda fuori di senno, facendolo immergere in un mondo fatto di sogni e di false speranze. Il protagonista decide di fare il provino per entrare nella casa del GF, forse spinto dal successo ottenuto da un suo concittadino sicuramente più fortunato di lui. La sua sicurezza e spavalderia fanno si che Luciano si convinca di aver superato in maniera egregia il provino e la troppa convinzione lo porterà a provocare disgraziati eventi che influiranno sulla sua famiglia. 
Matteo Garrone conferma le sue doti tecniche e stilistiche con un altro capolavoro che si allinea a Gomorra se si parla di realtà accostata all'assurdità, quale potrebbe essere l'opera tratta dal libro di Saviano per uno straniero che ad esempio non conosce la situazione in Italia. Nel caso di Reality, l'ignoranza e la pazzia della gente per i reality, ma più in generale per il successo, provocano nello spettatore una sorta di straniamento, forse troppo accelerato per potersi immedesimare, eppure questi casi si nascondono dietro ogni angolo. E' sbagliato, forse, considerare, questo film come una denuncia sociale. Questa volta Garrone costituisce un'altro dei suoi universi chiusi, dalla quale è impossibile (sia per il protagonista che per lo spettatore) venirne fuori. La maschera e il volto del protagonista si ibridano in maniera omogenea non riuscendo più a distinguere l'una dall'altra. Sin dall'inizio del film con una sorta di "effetto notte" il regista partenopeo ci lancia un messaggio d'avviso: il suo cinema non è reale, ma è sulla realtà intesa in senso spaziale. La macchina da presa si muove dall'alto mostrandoci, attraverso pianisequenza efficaci, tutti i "fuoriscena". Nel cinema di Garrone non è concesso posarsi su qualcosa, qualcuno, un volto o una battuta, mentre ciò che conta resta dall'altra parte, dalla sua posizione, il fuoricampo o "fuori dalla casa".  I suoi occhi non calano dall'alto come rapaci, piuttosto di infettano con ciò che vedono, un po' come accade per il protagonista del film. Luciano e gli altri personaggi con i loro dialoghi sembrano riportarci alla mente gli spettacoli di Edoardo. Ancora teatro quindi, finzione e realtà su un palcoscenico. La realtà c'è e si manifesta sotto forma di spettacolo, sembra assurdo eppure è ciò che stiamo vivendo/vedendo ed è ciò che ci mostra Garrone. 

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