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Blog a cura di Mimmo Fuggetti

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venerdì 4 settembre 2020

Il fenomeno Tenet e la nuova faccia del cinema contemporaneo



Di Christopher Nolan 

Con John David Washington, Robert Pattinson, Elizabeth Debicki, Dimple Kapadia, Aaron Taylor-Johnson Clémence Poésy, Michael Caine


Fotografia di Hoyte van Hoytema
Musiche di Ludwig Göransson
Montaggio di Jennifer Lame


Il quadrato del Sator può essere considerato come uno dei più antichi rompicapo del nostro passato. Un quadrato magico, una sorta di puzzle o cubo di Rubik composto da cinque parole: Sator, Arepo, Opera, Rotas e Tenet, appunto. È possibile paragonare l'ultima opera di Christopher Nolan al rompicapo stesso. Ciò che l'autore compie con la sua ultima pellicola è una sorta di smantellamento della più classica concezione che abbiamo nei confronti del cinema stesso.

Servendosi di una tecnica di montaggio mai vista prima, Tenet stravolge ogni tipo di linearità cinematografica, giocando sulle linee temporali, spingendo lo spettatore ad ancorarsi all’azione intesa come forza motrice della narrazione e dell’evoluzione del personaggio. In Memento, la ricostruzione dei fatti avviene attraverso un montaggio al contrario. In Inception, i diversi livelli di sogno trasmettono un senso di viaggio tra varie linee temporali attraverso una differente velocità delle linee oniriche. Dunkirk si sviluppa con un montaggio che alterna tre tempi paralleli. Interstellar è sì un viaggio spaziale, ma anche temporale, dal momento che il tempo scorre in maniera differente tra i pianeti.
Nel caso di Tenet, una affermazione presente in sceneggiatura sin dai primi minuti della pellicola ci dà la chiave per aprire le porte della percezione nolaniana: "non cercare di capirlo, sentilo". Si potrebbe interpretare questo messaggio come un consiglio per potersi godere a pieno il film. Il regista di The Prestige compie una sorta di magia stravolgendo il tempo cinematografico e rappresentandolo in maniera decisamente originale rispetto alle molteplici pellicole che si sono servite dei viaggi tra presente, passato e futuro. I protagonisti del film vanno al contrario, cosi come gli inseguimenti in auto e le pallottole che rientrano in effetto rewind dai vetri rotti. 

Nolan ancora una volta gioca sui piani temporali, siano essi quelli onirici di Inception e Insomnia, della relatività di Interstellar, dei flashback/forward di The Prestige, della dilatazione di Dunkirk e della memoria di Memento. Questa volta l'autore azzarda ancora di più riavvolgendo il tempo e mischiandone più livelli per poi snodarli nuovamente all'occorrenza. Questa operazione genera un'opera che non ha precedenti dal punto di vista della messa in scena e che comporta di conseguenza una divisione tra il pubblico: c'è chi ha amato Tenet e chi si è addirittura annoiato.

Il punto di vista del protagonista, sin dal suo primo Following, risulta essere essenziale per una buona comprensione dell’ultimo lavoro del regista britannico. Come ripetuto più volte dal giovane e talentuoso John David Washington (figlio di Denzel Washington, visto anche nel recente Blackkklansman, Spike Lee, 2018), lui è il protagonista. Per lo spettatore essere quegli occhi - che siano del protagonista di Following, di Batman o del giovane Washington - è di fondamentale importanza per seguire delle linee giuda che possano indirizzarlo verso la risoluzione di un puzzle fatto di tanti piccoli pezzi mischiati in maniera complessa dall'autore per rendere quanto più possibile attivo il ruolo dei presenti in sala.

L’opera, a questo punto, può essere intesa metaforicamente come una riflessione sull'identità del cinema contemporaneo, prendendo in considerazione i personaggi come raffigurazioni fisiche e simboliche che incarnano il cinema stesso. Il protagonista rappresenta lo spettatore, si ritrova nella stessa esperienza percettiva e sensoriale vivendo in uno stato di inconsapevolezza delle istanze narrative dell'autore. Il sonoro gioca un ruolo fondamentale in questo senso, scandendo i ritmi spesso accelerati con bpm elevatissimi e dinamiche che costantemente scaturiscono balzi di pathos differenti una sequenza dopo l'altra. Anche la scelta del brano The Plan di Travis Scott sui titoli di coda non è casuale. La canzone narra le vicende di un protagonista che si trova a vivere una vita all’insegna delle difficoltà e trova degli escamotage per sopravvivere agli ostacoli della quotidianità. 

Tenet è spionaggio, fantascienza, war movie, rompicapo e c'è persino spazio per il dramma familiare, tutti generi toccati nella filmografia di Nolan che questa volta vengono maestosamente intersecati tra di loro.
In conclusione, il regista ci regala un'opera che non si era mai vista prima, una nuova forma della settima arte che oggi, in tempi dominati dai blockbuster e dalla concorrenza di piattaforme che sfornano innumerevoli serie tv, ha più che mai bisogno non solo di protagonisti che salvano il mondo, ma di autori che reinventino il cinema stesso.