La mia invenzione è destinata a non avere alcun successo commerciale.

Louis Lumière

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Blog a cura di Mimmo Fuggetti

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martedì 5 giugno 2012

MARILYN

Un film di Simon Curtis.
Con Michelle Williams, Eddie Redmayne, Julia Ormond, Kenneth Branagh, Pip Torrens.
Biografico. Durata 99 min. - Gran Bretagna, USA - 2011.



Cosa succederebbe se il cinema incontrasse il cinema? Una domanda emblematica alla quale possiamo rispondere con una pellicola uscita in sala quest'anno: Marilyn.
Marilyn Monroe è il cinema, eppure attraverso la pellicola targata Simon Curtis è possibile mettere luce alla questione attoriale della diva.
Marilyn, da poco sposata con il suo terzo marito Arthur Miller, nell'estate del 1956 arriva in Inghilterra per girare Il principe e la ballerina in compagnia di Laurence Olivier, dove ha modo di conoscere il terzo assistente alla regia, un certo Colin Clark. Quest'ultimo, autore del libro dal quale è ispirata l'opera cinematografica in questione, a soli 23 anni, appena laureato, riesce a ritagliarsi un piccolo spazio nel mondo del cinema grazie alla sua caparbietà. Il sogno per lui comincia da qui, incontrando Marilyn, con la quale vive una travolgente storia "d'amore".
Il film di Curtis mette in rilievo il personaggio della Monroe (interpretato da una straordinaria Michelle Williams che riesce a vestire i panni della diva senza sembrare la sua parodia), attraverso gli occhi del vero protagonista Clark, smascherando la sua debolezza e fragilità nel sentirsi poco talentuosa sul grande schermo. Marilyn è sempre stata sotto i riflettori, garante del successo di ogni pellicola a cui partecipava, ma nonostante ciò le sue doti attoriali lasciavano a desiderare. Il film mostra come la Monroe soffrisse di questa sua lacuna, come la diva viveva la sua vita privata e di come si plasmasse quando aveva gli obiettivi puntati addosso.
Cercando di dare una risposta alla domanda di partenza, il cinema quindi incontra la bellissima Marilyn Monroe, posando l'accento sulla bellezza estetica del personaggio in contrasto con la sua cadenza attoriale. Ma non è ciò che vediamo nel film Il principe e la ballerina?
Laurence Olivier sa benissimo che il suo film attirerà la gente per la sua protagonista, ma è consapevole anche del fatto che la riuscita del film non è ciò che si aspettava in partenza. Il cinema è sempre stato multiforme: quell'alternare qualità ad intrattenimento, la poesia alla risata, l'arte al trash. Marilyn è tutto questo, un mix di arte ed intrattenimento. Curtis fa resuscitare il personaggio della Monroe, grazie ad una Michelle Williams straordinaria, perché sa che lo spettatore si recherà in sala, proprio come accadeva ai tempi de Il principe e la ballerina, conoscendo il pericolo al quale va incontro: una storia poco avvincente, una biografia fragile quanto Marilyn che però resta la perfetta incarnazione del cinema stesso: quell'ambiguità tra realtà e finzione.

venerdì 1 giugno 2012

COSMOPOLIS

Un film di David Cronenberg.
Con Robert Pattinson, Juliette Binoche, Sarah Gadon, Mathieu Amalric, Jay Baruchel.
Drammatico, durata 105 min. - Canada, Francia 2012.



Sono passati ben 37 anni da quando David Cronenberg diede luce ad un' opera intitolata Il demone sotto la pelle. Oggi quello stesso demone non si accontenta più di restare rinchiuso, il topo che striscia nelle fogne è finalmente venuto fuori e prepotentemente acquista valore. Il giovane e potentissimo guru della finanza Eric Packer (interpretato da Robert Pattinson) attraversa molto lentamente la città di New York per un semplice capriccio: aggiustare il suo taglio di capelli. Gli uomini della sicurezza a sua disposizione lo avvertono delle minacce incombenti sulla sua persona e del frenetico caos che regna per le strade di NY a causa della visita del Presidente degli Stati Uniti. Malgrado tutto, il testardo Pattinson decide di ri-tornare dal suo parrucchiere di fiducia, lo stesso con cui chiacchierava da piccolino in compagnia di suo padre. Ed è proprio questo il perno cinematografico dell'opera: il ritorno. Cronenberg torna al suo amato cinema dominato dalla mutazione, dalla morte, dal virus della società americana, quello stesso virus che il regista canadese da tanto tempo, inesorabilmente, tratta come una contaminazione alla quale è impossibile sfuggire. Cosmopolis (tratto dall'omonimo romanzo di DeLillo) và però oltre ciò che Cronenberg ha tentato di mostrarci sino ad oggi, questa volta ci troviamo davvero in un punto di non ritorno. Eric è un costrutto della società capitalista americana, vive nel suo mondo (la limousine), parla la stessa lingua di tutti i personaggi che incontrerà, ma gli argomenti trattati fluttuano nell'aria e restano scostanti. Come Ulisse cerca la sua Itaca, Pattinson cerca quel ritorno ad uno stato primordiale senza alcuna contaminazione sociale che però, secondo Cronenberg, non può esserci. Eric percorre la sua via crucis che lo condurrà verso la morte, una morte che però si manifesta sin dai primi minuti del film percepibile sotto ogni desiderio impossibile del protagonista. Sesso, potere, trasgressione, bellezza sono elementi che Eric possiede, ma ogni qual volta desidera qualcosa, questo suo desiderio risulta impossibile, come il voler far sesso con sua moglie, possedere la Rothko Chapel: la felicità è lì davanti, ad un passo da lui, ma non può essere toccata. Il punto di non ritorno è raffigurato dall'insoddisfazione del protagonista, quella bellezza che veste i panni del terrore e del disgusto, una nuova frontiera della trasgressione, raffigurata dall'iper, dal post. Se, però, facciamo un passo indietro, come i migliori film western insegnano, ciò che conta non è la meta, ma il viaggio ed è attraverso questo che Eric prende conoscenza del suo essere. Il male incombe sul mondo odierno, il virus è ovunque, il contagio c'è già stato: puoi imbottire la tua limousine di sughero quanto vuoi, ma non servirà ad esternare i rumori caotici del mondo in cui vivi. Il pellegrinare di Eric si conclude in una sorta di confronto finale, con Benno (un Paul Giamatti che dà libero sfogo a tutto il suo talento attoriale), che ci regala un po’ di humour ad un epilogo decisamente drammatico. Benno odia Eric, odia ciò che egli rappresenta ed è deciso ad ucciderlo ad ogni costo, forse perché questa potrebbe essere l'unica guarigione alla sua malattia. Il rapporto peccatore/prete, paziente/medico, che intercorre nella scena finale del film è l'emblema di tutto il cinema cronenberghiano. "Tu dovevi salvarmi" confessa Benno ad Eric, ma l'ultima pellicola del regista canadese non accetta vie di fuga. Parole su parole che portano ad altre parole e che conducono verso un'unica strada rappresentata dal nulla. Ed è proprio qui che si può scorgere quest'ultima mutazione messa in scena da Cronenberg: la perdita della presenza reale in un'umanità disincarnata, raffigurata già dal post, appunto.
All'interno di una limousine che veste i panni di una sala di regia, dentro la quale è possibile rivedere tutto (con un'ottica decisamente diversa,"asimmetrica" come la prostata del protagonista), controllare tutto ciò che avviene là fuori, Cronenberg prende posto accanto al suo Pattinson per mostrarci il tema del denaro e di come plasma il mondo (come il regista stesso sostiene) e da quella stessa sala sembra che ci stia urlando: Destroy the past, make the future!