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Blog a cura di Mimmo Fuggetti

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martedì 25 ottobre 2011

IL PETROLIERE: Il sangue della terra: avere o non avere!

Si comincia dal basso: riprese scure, affaticamento, ferite e se l'inizio del film ci propone subito delle difficoltà evidentemente ci sta dicendo che qualcosa continuerà ad andare storto. E' questo l'incipit che lancia "Il petroliere" impersonificato da Daniel Day Lewis (vincitore del premio oscar 2007 come miglior attore protagonista). Non è un film che mostra l'ascesa al potere di un uomo che finirà poi con l'autodistruzione (come abbiamo già visto innumerevoli volte nella storia del cinema, vedi Quarto potere, Scarface), piuttosto esso ci presenta la sfida più grande che possa esistere: quella col "proprio" Dio. Il nostro petroliere viene mostrato come un uomo capace di rinnegare tutto e tutti, salvo se stesso. Daniel Palinview (Daniel Day Lewis) porta con se suo "figlio" che per gran parte del film sarà il suo piccolo socio, l'unica persona che apparentemente sembra sopportarlo. La sfida del nostro petroliere comincia quando a fare le veci del Signore è un ragazzo (definito nel corso del film come il profeta) che si presenta da lui con una proposta: quella di comprare una terra per poi ricavarne del petrolio che potrebbe far arricchire entrambi. In questo limbo californiano pieno di anime perse che scacciano il diavolo con le loro mani fuori dalla loro chiesa, Daniel comincia la trivellazione rifiutando la proposta della benedizione di Dio da parte del giovane profeta, secondo il quale tutti i guai accaduti durante la lavorazione (morte di un giovane operaio, incendio) risalgono a questo episodio. Il protagonista a tratti sembra ricordare la figura di Mazzarò troppo legato alla sua roba distaccandosi dai valori e dalle persone che conterebbero di più per l'"uomo comune". Epica la scena del battesimo dove Daniel Day Lewis mostra l'impersonificazione del personaggio alla perfezione, rinnegando se stesso solo per i suoi secondi fini. Paul Thomas Anderson ci regala un capolavoro che eguaglia il suo Magnolia, donandoci anche frasi cult come "io guardo le persone e non ci trovo niente di attraente, io vedo il peggio delle persone", forse proprio questa frase racchiude ciò che l'autore ha provato leggendo il romanzo dal quale è tratto il film riuscendo a farne di questo pensiero un opera che tratta la proporzione oro/sangue con estrema durezza e serietà. Qui non c'è Shakespeare, nessun "essere o non essere", qui piuttosto si tratta di "avere o non avere" e per quanto mi riguarda: Anderson, noi ABBIAMO bisogno del tuo cinema!


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