La mia invenzione è destinata a non avere alcun successo commerciale.

Louis Lumière

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Blog a cura di Mimmo Fuggetti

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lunedì 13 febbraio 2012

SHAME

Un film di Steve McQueen.
Con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware.
Drammatico, durata 99 min. Gran Bretagna 2011.



"My tears fell like rain, ain't that a shame" cantava Fatz Domino diversi decenni fa.
Oggi quella canzone viene ripresa e modificata ai giorni nostri attraverso una pellicola cinematografica targata Steve McQueen (da non confondere con la nota star, i due non hanno alcuna parentela).
Per la sua seconda opera (la prima è Hunger del 2008), McQueen sceglie di raccontare la lugubre ed elusiva quotidianità seguendo le orme della scuola Zavattini, quasi fosse un pedinamento del reale, per riportare su pellicola la tanta trasgressione che funge da protagonista nel nostro tempo. Il film riesce a strappare nomination agli Oscar e, in punta di piedi, fa parlare di sé. Struggente ed emozionante al tempo stesso, Shame si ritaglia uno spazio tra le pellicole più riuscite del 2012, presentando sequenze destinate a diventare cult come quella dei giochi di sguardi nella metropolitana.
Brandon (interpretato da un ottimo Michael Fassbender) è il protagonista del film. Devoto alla prigionia sessuale, egli non può condurre uno stile di vita appagante, ma piuttosto continua a chiudersi in se stesso e ad afferrare quelle piccole soddisfazioni che gli concede la masturbazione, per poi abbandonarsi all'atto sessuale vero e proprio con la prima persona che gli capita davanti. Grigia, costernata e maniacale, la pellicola di McQueen ci conduce verso l'esplorazione dell'individualismo e dell'impossibilità dell'essere, o meglio, dell'essere vivi. La New York che vediamo nel film consuma la sua popolazione pilotandoli verso l'esasperazione e l'ossessione. Una perla non può brillare per la sua bellezza estetica, perchè offuscata dal grigiore: New York, New York di Frank Sinatra non può suscitare gioia e sorrisi a chi l'ascolta. Brandon è un uomo affascinante, con un ottimo posto di lavoro, piace alle donne, tuttavia, nonostante i 99 minuti di pellicola, egli riesce a sorridere solo durante una cena con una collega di lavoro che, però, non riuscirà a strappare Brandon dalle grinfie della solitudine. Neppure sua sorella Sissy sarà in grado di aiutarlo, anzi, la sua presenza finirà per opprimere maggiormente il protagonista. "Noi non siamo cattive persone, è solo che veniamo da un brutto posto" esclama Sissy a Brandon. Questa frase è quello che possiamo definire come l'elisir filmico: non si tratta di una critica al genere umano, piuttosto è una constatazione su come la crescita e lo sviluppo sociale conducano ad un costrutto strumentalizzato.
Ad un certo punto del film, dopo una cena con la collega di lavoro, Brandon confessa di voler vivere negli anni Sessanta e di voler essere un musicista, proprio come Fatz Domino. Le parole di Ain't that shame esplicitano che non c'era alcuna vergogna in quegli anni, ma adesso è diverso, come Brandon stesso sostiene "sono le azioni che contano, non le parole" e le sue azioni ci riportano al titolo del film.